Ma cosa vuoi che ci voglia per fare una fotografia?

Di solito a questa domanda rispondo con una freddura “1/125 di secondo”. Perchè il problema della fotografia di food sta tutto nella preparazione del cibo da fotografare, dalla giusta luce alla giusta inquadratura.

Ragionavo con Giuseppe, bravo chef in quel di Rocchetta Tanaro, sul fatto di quanto il nostro lavoro ci accomuni. Per lo chef il compito è quello di rispettare materie prime pregiate, trattandole coi “guanti” per restituirne intatti al commensale i profumi, il gusto, i sapori (chi si sognerebbe di cuocere un tartufo?); per un fotografo di cibo il compito è in egual misura non rovinare quello che di bello la natura o la manualità di uno chef ci offrono alla vista: dalla matericità di una crosta di formaggio, alla texture di una foglia, al raffinato impiattamento di uno chef. E come per Giuseppe dopo aver fatto tutto bene c’è la prova della tavola, il cliente che deve alzarsi soddisfatto; così per noi le nostre foto devono mettere in moto la salivazione dello spettatore, devono trasmettere forme, sapori e profumi (!) e per farlo dobbiamo armarci di tecnica, spirito creativo e idee.

Ma anche di conoscenza del cibo, lo dobbiamo raccontare “giusto”. Per fare un esempio: in una foto il grasso di una fetta di prosciutto va tolto o lasciato? Se l’utilizzo è per un packaging di pasta ripiena il produttore lo vorrà togliere, se invece andrà per spiegare un prosciutto artigianale il produttore lo vorrà mantenere, perchè col suo colore confermerà la bontà del prosciutto. Quindi il “giusto” dipende sempre da chi commissiona una foto e per cosa la si fa.

Nulla comunque che non si possa imparare con un po’ di talento e anni di esperienza!

 

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